Il viaggio durò più di un mese. Fecero diverse tappe in varie città, e per questo motivo Aveline spese gran parte di suoi soldi. La sua gravidanza non stava procedendo nel più semplice dei modi: aveva continuamente la nausea e vomitava quasi tutte le mattine. Per non parlare dei continui mal di schiena nella zona lombare. Era stata una decisione molto saggia quella di farsi accompagnare da qualcuno; in quelle condizioni affrontare un viaggio simile come aveva fatto la prima volta era totalmente fuori discussione. Nell’arco dei giorni aveva avuto modo di stringere amicizia con il suo accompagnatore, un uomo sui cinquant’anni, con baffi e barba folti e lunghi, ma dai modi molto gentili e sofisticati. Faceva quel mestiere da più di vent’anni, quindi conosceva quelle zone come le sue tasche.

Era finalmente arrivato il giorno dell’arrivo: Aveline osservava il paesaggio del villaggio della tenuta scorrere fuori dai finestrini della carrozza. Era esattamente come se lo ricordava e le sembrava si sentiva come se fosse arrivata finalmente a casa. Ripensò tuttavia a come si erano lasciati lei e Connor: “Dimenticati di avermi conosciuto” Le disse. Da quel giorno ripensava tutte le sere con tristezza e occhi lucidi a quella frase. Dopo un discorso simile chissà se le avrebbe chiuso la porta in faccia.

Giunsero davanti alla tenuta, e il cuore di Aveline iniziò a battere come un tamburo. Salutò e pagò il gentile signore che l’aveva accompagnata, il quale ripartì immediatamente per il viaggio di ritorno. “Ci siamo” Pensò, guardando l’entrata e incamminandosi verso di essa. “Ormai non si torna più indietro”. Inspirò a fondo e prese coraggio, quindi bussò. Dopo qualche istante la porta si aprì: Connor la guardò con aria sorpresa ma risoluta. Indossava il suo abito da Assassino, segno che era appena tornato da una battuta di caccia o da una missione.

<<Cosa ci fai qui?>> Le domandò con fare sprezzante.

<<Ho bisogno del tuo aiuto, Connor>>

<<Credevo di essere stato chiaro l’ultima volta che ci siamo visti…>>

<<Ti prego ascoltami… Non si tratta solo di noi>>

<<Non c’è nessun noi. Dimmi che cosa vuoi, poi vattene>>

<<Io… Ho bisogno di aiuto perché non posso più intraprendere nessuna missione da sola>>

<<Che vuoi dire?>>

<<Che dopo l’incidente con l’orso non sono più stata la stessa, e probabilmente non lo sarò mai più. Mi sono trovata in uno scontro e ho rischiato grosso>>

<<E io che cosa c’entro con tutto questo?>>

<<C’è qualcosa di grosso che bolle in pentola nella baia di Saint Louis… Se accetterai di aiutarmi ti racconterò ogni cosa…>>

<<Non mi fido di te>>

<<Non farlo per me… Fallo per tutte quelle persone che vengono maltrattate e vendute come schiavi tutti i giorni!>>

Connor continuò a guardarla con aria sprezzante, ma si scostò dalla porta facendole cenno di entrare con la mano. Chiuse la porta e la fece accomodare in sala, dove si erano trovati per giorni e giorni ogni sera durante la sua permanenza alla tenuta. La malinconia la assalì ancora una volta.

<<Avanti, parla. Che cosa sai?>> Le domandò mentre si metteva a sedere davanti a lei.

<<Sono stata a Delisle e sono venuta a sapere che c’è un’organizzazione che schiavizza tutti coloro che non pagano gli altissimi tributi. Uomini, donne, anziani: per loro non fa nessuna differenza. Non so dove vengano portati, so solo che nella zona il traffico è gestito da un uomo che chiamano “Il Capitano”. Questo è tutto quello che sono riuscita a scoprire, prima che la mia salute venisse compromessa…>>

<<E mi stai dicendo che non hai potuto proseguire con le indagini soltanto perché ti faceva male il braccio?>> Domandò Connor con aria sarcastica.

<<Tu non capisci, non…>>

<<Capisco benissimo invece. Questa è una stupida scusa per tornare qui, e prenderti gioco di me ancora una volta>>

<<Non hai capito niente!>> Disse Aveline, alzando la voce

<<Come no! Ormai non ci casco più!>>

<<Falla finita e ascoltami!>>

<<Sentiamo! Quale altra bugia mi racconterai questa volta?>>

<<Sono incinta Connor!>>

Connor rimase a bocca aperta con aria sorpresa. <<Che cosa?…>> Chiese incredulo, abbandonando l’atteggiamento che aveva avuto fino a quel momento.

<<Lo so di sicuro… ed è nostro>>

Connor si alzò e andò verso la finestra con aria pensierosa. Poi si voltò: <<E io come faccio a sapere che non mi stai mentendo e che sia davvero io il padre?>>

<<Devi fidarti di me. Posso dirti con assoluta certezza che non può essere Gérald>>

<<E a lui lo hai detto?>>

<<No…>>

Connor scosse il capo: <<Altre bugie… altri inganni…>>

<<Non è così>>

<<Ah, no?! E com’è invece?>>

<<Io… Ho lasciato per sempre New Orleans… e anche Gérald…>>

<<Che bel gesto! Sono commosso…>> Disse ironico tornando a guardare fuori dalla finestra.

<<Non l’ho certo fatto per te. Non ero neanche sicura che mi avresti ascoltata…>>

<<Quindi qual’è la ragione che ti ha spinta ad abbandonare tutto quanto? E a lasciare tuo marito da solo?>>

<<Non è mio marito… E credo sarebbe meglio che io e te parlassimo unicamente della missione>> Rispose Aveline seccata.

<<Hai ragione. Non sono affari miei. Vita tua, problemi tuoi>>

<<Si, esatto. Allora mi aiuterai?>>

Connor rimase in silenzio qualche istante, poi le rispose: <<Si, lo farò. Non certo per te>>

<<Bene. Adesso andrò a cercarmi un posto in cui andare a dormire>> Disse Aveline alzandosi dalla sedia.

<<Non essere sciocca… Non voglio che tu te ne vada in giro da sola nelle condizioni in cui sei. Resterai qui. La stanza di Achille è libera come ben sai. Per il momento sistemati lì>>

<<No. Non ho nessuna intenzione di stare in questa casa e di essere trattata in questo modo. Preferisco starmene per i fatti miei. Vita mia, problemi miei. Giusto?>>

<<Non lo dico per te… ma per mio figlio. Voglio che resti qui, al sicuro>>

<<Non puoi obbligarmi>>

<<Smettila di fare la bambina!>>

In quel momento Patience entrò in sala: <<Ma si può sapere cos’è tutto questo baccano?! Oh mio dio! Aveline!>> Esclamò correndo verso di lei. La abbracciò saltandole quasi addosso, rischiando di farla cadere.

<<Patience! Ciao!>> Rispose lei felice di vederla.

<<Che magnifica sorpresa! Ma che ci fai qui?!>>

<<È una storia lunga. Vi ho portato un po’ di lavoro>>

<<Che vuoi dire? Ti servono rinforzi?>>

<<Proprio questo. Non sono più in grado di affrontare missioni così complicate per motivi di salute, quindi devo appellarmi a voi>>

<<Fantastico! Finalmente un po’ di azione>> Esclamò Patience.

<<Piantala. Non c’è niente di cui esultare. Si tratta di una questione seria. Questo non è addestramento>> Rispose cinico Connor.

<<Qualcuno ha il dente avvelenato stasera… Perché non vieni su con me e mi racconti qualcosa? Tanto immagino che rimarrai qui da noi>>

Aveline lanciò un’occhiata a Connor che la fissava appoggiato alla finestra con le braccia conserte. <<Si, rimarrò qui con voi>>

<<Ottimo! Dai andiamo!>> La incitò Patience prendendola per mano e trascinandola fuori dalla sala. Salirono le scale ed entrarono nella sua stanza. Patience chiuse la porta e la invitò a sedersi sul letto, mentre lei andò a sedersi sulla poltrona accanto a quest’ultimo.

<<Allora>> Cominciò appoggiando i gomiti sulle gambe <<Che succede? Da quando siamo ripartiti da New Orleans, Mister Sorriso è diventato di ghiaccio. Se prima sorrideva poco, credo di non averglielo visto più fare, e sono sicura che non si trattava solo nostalgia…>>

<<Le cose sono andate così: siamo arrivati dal portuale, che puntualmente mi ha fatto gli auguri di fidanzamento…>> Patience sgranò gli occhi e si coprì la bocca con entrambe le mani. <<Già… naturalmente ho dovuto raccontargli la verità. Lui è andato su tutte le furie e me ne ha dette di tutti i colori. Mi ha detto anche che avrei dovuto dimenticarmi di averlo conosciuto…>>

<<Accidenti Aveline… Che casino>>

<<Ecco perché ci hai sentiti alzare la voce prima. Lui non si fida di me, ma non so proprio che fare per riconquistare la sua fiducia>>

<<Sarà dura. Ho paura che si sia chiuso ancora di più in se stesso…>>

<<E non è tutto. Ho scoperto di essere incinta>>

<<CHE COSA?!>>

<<So per certo che è di Connor>>

<<Wow!… triplo casino… Tuo marito lo sa?>>

<<Ci siamo lasciati. Non l’ho mai sposato e ho deciso di lasciare la città per sempre>>

<<Si, direi che è stata la scelta più saggia che hai fatto fino ad ora…>>

<<Connor non è di questo avviso…>>

<<Lascialo perdere. Lui non può capire come devi esserti sentita in trappola per tutta la vita. E se non è d’accordo affari suoi!>>

Continuarono a parlare del più e del meno: Patience le raccontò di quanto fosse migliorata con il suo addestramento e con la sua tecnica. Aveva imparato a fare il salto della Fede, nonostante la promessa di Aveline di insegnarglielo. Quella per lei sarebbe stata la sua prima vera missione.

Si fece sera, così Aveline e Patience scesero giù per la cena. Quando Maria la vide, la salutò con un caloroso abbraccio. Benché fosse felice di essere tornata alla tenuta, non poteva fare a meno di sentirsi a disagio a causa dell’atteggiamento di Connor. In cuor suo sapeva di meritarsi un trattamento simile da parte sua, ma sperava con tutta se stessa che un giorno tutto si sarebbe sistemato.

Connor entrò in sala per la cena quando Aveline e Patience erano già a tavola. Quando si sedette, Maria andò immediatamente in cucina per iniziare a servire i piatti. Nessuno disse nulla finché non iniziò a parlare lui: <<Racconta anche a Patiece i dettagli di ciò che hai scoperto>> Disse rivolgendosi ad Aveline. Iniziarono così a parlare della missione e di come organizzarsi per portarla avanti.