Di nuovo una fortissima luce la accecò per qualche istante; quando lentamente riuscì a vedere dove si trovava, si rese conto di essere su di un sentiero sterrato dentro ad una grande foresta. Mentre si guardava attorno ebbe la strana sensazione che le gambe non le rispondessero.

“Calmati” le disse Elena, la cui voce risuonava come un’eco nella sua mente. “Sei stata preparata per questo”

<<Si, ma è molto diverso dall’addestramento>> le rispose Anne.

“Ci credo, ma ora rilassati e lascia il controllo alla tua antenata”.

Anne cercò di rilassarsi, e fare come le era stato insegnato, distaccando la propria mente e lasciandosi trasportare dai ricordi.

Quando lei si fece da parte sentì emergere tutte le sensazioni e pensieri, e a poco a poco la sua coscienza si affinò con il ricordo.

Era Aveline De Grandprè, figlia di un ricco mercante e Assassina che era riuscita a liberare la Louisiana dall’influenza Templare.

Era in viaggio di ritorno dal suo ultimo incarico: reclutare per la Confraternita una schiava fuggitiva nel Rhode Island, Patience Gibbs.

Anne percepì la stanchezza di Aveline e il suo stress; il viaggio era stato davvero estenuante e purtroppo non era ancora giunto al termine. A rendere il tragitto ancora meno piacevole c’era il clima che si percepiva da quelle parti. L’aria calda e umida della Louisiana sembrava ormai solo un lontano ricordo, sostituito da aria gelida e tagliente.

Aveline e Patience erano in cammino ormai da diverse ore viaggiare insieme le aveva fatte avvicinare un pò. L’atteggiamento di Patience era totalmente diverso e sembrava disposta ad accettare l’aiuto di Connor.

Aveva molte domande a cui non sempre Aveline sembrava saper rispondere. In effetti non aveva mai avuto bisogno di darsi certe risposte sulla Confraternita.

Questo le stava facendo realizzare che in tutti questi anni non aveva poi imparato molto su chi fossero realmente gli Assassini e quali fossero i loro scopi. Purtroppo si era ritrovata ad essere niente altro che un pedina in mano ad Agaté e a Madeline.

Il suo scopo e la sua missione erano sempre stati la libertà e i diritti degli schiavi. Dopo aver sconfitto i Templari e liberato New Orleans era venuta in possesso del disco della profezia ed era riuscita ad attivarlo con il ciondolo che aveva sempre portato al collo. Solo dopo aver ascoltato la profezia si era resa conto di essere parte di qualcosa di molto più grande e misterioso, qualcosa che andava ben oltre la sua comprensione. Non si trattava unicamente della lotta tra Templari e Assassini, bensì della libertà del mondo intero.   

Patience risvegliò Aveline dai suoi pensieri.

<<Va tutto bene Aveline? Ti vedo silenziosa>>

<<Si, certo. Stavo solo riflettendo su quanto tu sia fortunata ad avere Connor come maestro>>

Rispose continuando a guardare per terra con aria pensierosa.

<<Da quanto tempo vi conoscete?>>

<<in realtà non ci conosciamo affatto. Ci siamo incontrati una volta soltanto in cui mi ha dato un grande aiuto>>

<<Quando ci siamo incontrate però mi hai detto che si trattava di un tuo caro amico>>

<<Si, lo è>>rispose Aveline.

<<Anche se ci conosciamo appena nutro profonda stima per lui. Mi ha aiutata rischiando la vita e si è rivelato un uomo molto più saggio di me, nonostante sia più giovane>>

Patience rimase in silenzio per qualche istante e poi domandò con aria maliziosa:

<<Ti piace molto, non è vero?>>

Aveline si fermò e la guardò dritta negli occhi con aria risoluta:

<<Patience sono fidanzata con l’uomo che sposerò, Nutro molta stima per Connor e gli sono debitrice. Ma il mio cuore appartiene ad un altro>>

<<Ok, capito. Peccato sareste una bella coppia>>

<<Io non credo proprio. Insomma è un bell’uomo, non fraintendermi, ma siamo molto diversi>>

<< Se lo dici tu. Manca molto alla Tenuta? Inizio a non sentirmi più i piedi >>

Aveline tirò fuori la mappa dal sacchettino che portava alla cintura e si mise a controllare la loro posizione bisbigliando i nomi dei luoghi che leggeva.

Dopo qualche istante si guardò intorno e controllò ancora la mappa per sicurezza.

Patience la guardò inclinando la testa con aria interrogativa.

<<Almeno sai dove siamo?>>

Chiese spazientita.

<<Certo che lo so! Ho già attraversato questi luoghi. Dammi solo un secondo…. >>

Patience alzò gli occhi al cielo mentre teneva le mani sui fianchi.

Il paesaggio della frontiera era insidioso e dispersivo. I sentieri e gli alberi si somigliavano tutti quanti. Se non si faceva attenzione era molto facile perdere l’orientamento.

Aveline sbuffò: <<Detesto ammetterlo ma ci siamo perse. Chiacchierando non ho seguito il sentiero e adesso non ho idea di dove siamo finite!>>

<<Magnifico! E ora che si fa?>>

Aveline si guardò attorno e poi scrutò le cime degli alberi.

<<Aspetta qui>>

Disse facendole cenno con la mano di restare dov’era.

Si avvicinò ad un grosso albero e si mise a scrutarne tronco e fronde.

Dopo qualche istante si aggrappò a delle sporgenze della corteccia ed iniziò ad arrampicarsi lungo il tronco.

Si dava la spinta verso l’alto facendo leva su incavature e appigli e si tirava su aggrappandosi ai grossi rami.

Scalare, arrampicarsi, saltare, senza il minimo timore di cadere: gettarsi da un’altezza di quasi 40 metri era come volare e, anche se per poco, in quegli istanti respirava solo libertà.

Finalmente raggiunse la cima dell’albero afferrò un lungo ramo e vi salì. Si accovacciò alla base cercando di mantenere l’equilibrio. Pian piano iniziò a muoversi verso l’estremità.

Verso la fine del ramo c’era un’aquila che appena la vide spiccò il volo.

La ragazza avanzò rimanendo accucciata e tenendosi saldamente con le mani in avanti. Raggiunta l’estremità si soffermò ad osservare il paesaggio circostante. Si trovava ad un’altezza di quasi 30 metri e questo le consentì di vedere molto lontano.

Dopo qualche istante notò un piccolo villaggio nelle vicinanze e si rese conto che era lo stesso in cui si fermò la prima volta che andò a New York passando per la frontiera.

Fece quindi un respiro profondo e tenendo le braccia aperte per mantenere l’equilibrio si mise in piedi. Rimase qualche secondo ad osservare il paesaggio; quindi inspirò a fondo e chiuse gli occhi. Saltò in avanti con decisione a piedi uniti e braccia aperte. L’aria era fredda e le fendeva le guance come un coltello.

Ma lassù non contava.

A circa 10 metri da terra si girò su se stessa e rivolse la schiena verso il suolo. Il cuore le batteva all’impazzata, ma non per la paura, bensì per l’emozione di volare come un’aquila senza paura di cadere.

Atterrò a tutta velocità su un cumulo di foglie vicino al tronco dell’albero dal quale aveva appena saltato.

Patience si coprì il volto con terrore: era talmente spaventata che non riusciva ad emettere un fiato. Sentì il tonfo non appena Aveline cadde lì vicino. Allora si scoprì gli occhi per vedere cosa fosse successo alla sua compagna. Si precipitò nel punto in cui l’aveva sentita cadere e gridò:

<< Aveline stai bene?! >>

Aveline emerse dal cumulo di foglie umide balzando fuori all’improvviso.

Patience sgranò gli occhi.

<< Ma sei fuori di testa?! Avresti potuto morire! >>

<< Calmati Patience. Sto bene. So bene quello che faccio e so bene che non mi capiterà nulla >>

<< Ah davvero?! E cosa succederà se un giorno prenderai male le misure?! Tu sei pazza! >>

Aveline le prese le mani e la guardò dritta negli occhi:

<< Stai calma. Non avrò nulla da temere finchè crederò fermamente di non poter cadere>>

<< Come no…>> Rispose scettica Patience. << In ogni caso non farlo mai più! >>

Aveline sorrise e le disse con tono calmo

<< Ti prometto che ti insegnerò come farlo. Così vedrai tu stessa che non avrai niente da temere>>

<< Se lo dici tu… Almeno sei riuscita a capire dove siamo? >>

Chiese Patience tagliando corto

<<Si ho visto dove si trova il villaggio in cui mi sono fermata durante il mio primo viaggio >> Rispose Aveline indicando la direzione in cui procedere.

<< Basterà seguire il fiume fino alla cascata, e poi dirigersi verso l’interno >>

<<Perfetto. Andiamo allora >>