Camminarono per un paio d’ore lungo la costa della baia di Saint Louis ed arrivarono nella zona di Diamondhead. Lungo il tragitto incontrarono un piccolo villaggio dove decisero di fermarsi per riposare. Trovarono una piccola locanda che si affacciava sul porto; entrarono e decisero di fermarsi lì per la notte. Connor andò a chiedere due stanze e fece alcune domande al locandiere poi salirono al piano superiore.

Dato che si trovavano nell’area della loro destinazione, decisero che la mattina successiva Aveline e Corinne sarebbero andate a fare qualche domanda in giro, per vedere cosa avrebbero potuto scoprire riguardo alla zona preclusa e ai vari carichi che giungevano a nord della baia.

Le ragazze trascorsero la mattinata in giro per le strade, ad ascoltare e fare domande. Rientrarono alla locanda solo nel primo pomeriggio per riferire quello che avevano scoperto: l’area iniziava a poco più di un miglio di distanza dal paese, ed era molto vasta. Tutti i trasporti di merci che venivano effettuati si fermavano alle porte del paese, dove una squadra di uomini le prelevava e le portava via.

Tutta la zona era recintata da canne e sterpaglie, in modo da rendere impossibile la vista dell’interno.

Il suo perimetro era costantemente sorvegliato e l’unico accesso visibile era il cancello ad est, che veniva aperto solo in occasione dell’arrivo delle merci.

<<Ok, allora dovrò andare a vedere nei dintorni se ci sono altre possibilità di accesso. Dal momento che abbiamo eliminato i mandanti dei vari trasporti, non sarà così semplice entrare>> Disse Connor mentre rifletteva sulle informazioni recuperate.

<<Non puoi andare da solo, l’area da coprire è troppo vasta>> Intervenne Aveline.

<<Tu non puoi venire, è troppo rischioso. Non abbiamo la minima idea di cosa ci sia là dentro>> le rispose Connor. Poi Si rivolse a Patience: <<Verrai con me, ma farai solo quello che ti dirò e niente stupidaggini, intesi?>>

<<Ok, promesso>> Rispose Patience, accennando un sorriso.

<<Ottimo, allora ci muoveremo stanotte. Prima però dobbiamo trovare un altro posto dove stare, perché qui c’è troppo rischio di essere ascoltati>> Detto questo Connor si alzò e fece cenno alle ragazze di seguirlo.

Quando furono tutti quanti fuori iniziarono ad andare in giro per il paese, in cerca di un posto che non desse troppo nell’occhio.

Non trovando niente si allontanarono dalla città e si addentrarono nella foresta, dove videro un vecchio capanno da caccia. “Non è il massimo ma almeno non siamo sotto lo sguardo di tutti”, pensò Aveline.

L’edificio era posto accanto ad un grande albero e a prima occhiata, se pur visibilmente vecchio, sembrava in buone condizioni: era provvisto di una singola finestra sulla parete opposta rispetto all’albero, sprovvista di vetri ma dotata di due scuri, chiusi dall’interno.

Tentarono di entrare forzando gli scuri, ma per quanto fosse vecchia la serratura, resistette. Cercarono quindi di scassinare la porta, che solo dopo vari tentativi si sbloccò, consentendogli di entrare.

Era ormai il calar del sole quando riuscirono a stabilirsi dentro. Da un lato, appoggiato al muro, si trovavano un tavolo con alcune sedie, mentre alla parete opposta era appoggiata una lunga panca. Accanto al tavolo c’era un bancone posto sotto l’unica finestra dell’edificio, abbastanza grande però da illuminare tutta la stanza. Nella parte opposta della stanza si trovava un armadio con accanto una rastrelliera per fucili. Inoltre tutte le pareti erano coperte da scaffali e mensole

Dalla rastrelliera riuscirono a recuperare alcuni fucili, mentre dall’armadio delle pesanti giacche e una lampada ad olio, che riuscirono ad accendere grazie ad una riserva trovata su di uno scaffale. L’edificio era abbastanza grande da permettere a tutti quanti di arrangiarsi dei letti di fortuna.

Mangiarono con quello che erano riusciti a portarsi via da Delisle, e poco dopo Connor e Patience uscirono. Aveline e Corinne improvvisarono dei letti prendendo gli abiti e le giacche dall’armadio e disponendoli sui tavoli e sull’unica panca presente in tutto l’edificio.

Quando ebbero finito si fermarono un po’ a parlare, poi Corinne si congedò e andò a dormire. Di lì a poco anche Aveline andò a coricarsi sapendo però che non sarebbe riuscita a dormire molto data la situazione: non le restava che aspettare il rientro dei due Assassini.

La mattina dopo, quando si svegliò, si rese conto che non erano ancora rientrati. In tarda mattinata decise di andare in paese per prendere qualcosa da mangiare: per attirare l’attenzione il meno possibile si spogliò dei suoi abiti da Assassina, mantenendo la camicia, e si finì di vestire con alcuni abiti presi dall’armadio. Quindi uscì insieme a Corinne.

Mentre recuperavano un po’ di cibo, restarono in ascolto di possibili notizie, ma poiché non sentirono niente di particolare, decisero di rientrare.

Una volta tornate al capanno, si misero a preparare il pranzo: in quel momento, dalla foresta, emersero Connor e Patience, che erano fuori dalla sera prima.

Quando furono arrivati Patience crollò sulla panca, stremata. Connor si rivolse ad Aveline: <<Dateci un po’ di tempo per riposarci e poi vi aggiorniamo. C’è molto di cui parlare, ma non ora. È stata davvero una lunga notte>>

<<Tranquillo, andate pure a riposarvi. Ci racconterete tutto più tardi>> Gli rispose Aveline, che si sentì rincuorata nel vedere che stavano bene per quanto stanchi. Lei e Corinne, quando ebbero finito di mangiare, trascorsero un po’ di tempo a parlare del più e del meno.

Nel tardo pomeriggio Connor e Patience si svegliarono, e quando ebbero mangiato iniziarono a raccontare cosa era successo. Connor iniziò dicendo che per entrare avevano dovuto travestirsi. Patience, che aveva assunto la parte della schiava, era stata portata nella caserma, dove aveva avuto modo di vedere chi si occupava della gestione delle guardie e degli schiavi, ed era stata poi assegnata a lavorare all’interno di uno scavo.

Connor mescolandosi alle guardie aveva avuto modo di vedere chi erano i vari ufficiali ed era riuscito ad entrare nelle tende di alcuni di questi: così facendo era riuscito a capire che il mandante di tutta l’operazione era una cellula Templare Inglese che si era insediata in quelle zone.

Qui avevano assoldato un gruppo di mercenari per impadronirsi dell’area, in cui avevano iniziato un grosso scavo avvalendosi dello sfruttamento degli schiavi deportati.

Non tutti gli ufficiali erano direttamente legati ai Templari: Connor nella sua ricerca aveva avuto modo di capire che solo alcuni di questi erano Templari e nemmeno sempre i più alti di grado. Non lo era ad esempio il Generale Reltzer, o almeno non ancora, ma lo era il Capitano Jones.

Tra alcune lettere di affiliati all’Ordine, Connor aveva avuto modo di capire il motivo della loro presenza in quella zona: negli scritti si parlava di una grotta che sembrava celare una formidabile arma. Non veniva definito che tipo di arma o quali poteri credessero che avesse, ma Connor ipotizzò che potesse trattarsi di qualcosa di simile alla Mela dell’Eden.

Quel tipo di potere non sarebbe mai dovuto finire in mano ai Templari, per nessun motivo, ma non poteva occuparsene subito perchè non aveva abbastanza informazioni sullo stato degli scavi e su come poterli fermare. Per avere queste informazioni avrebbe dovuto aspettare di parlare con Patience, perciò aveva continuato ad infiltrarsi in tutti gli edifici o tende in cerca di informazioni in più.

Durante la sua ricerca si era reso conto che i Templari erano a conoscenza della presenza degli Assassini e che gli omicidi di Delisle erano opera loro: i Templari avevano tentato di fermarli facendo irruzione in casa di Corinne, ma a causa del fallimento dell’operazione avevano rafforzato le difese nell’area degli scavi. Sarebbe quindi venuto di persona il Gran Maestro per valutare la situazione della miniera e per liberarsi in prima persona degli Assassini.

Patience aveva un’idea più chiara di come erano organizzati e come era strutturato lo scavo: c’erano alcuni gruppi di guardie che facevano turni di un paio d’ore l’uno e in più chi faceva turno di guardia la notte, non lo faceva di giorno.

Questo secondo lei dava la possibilità a qualcuno di infiltrarsi all’interno di uno dei gruppi per poter sabotare le strutture che sorreggevano lo scavo, andando così a chiuderlo.

Raccolte tutte le informazioni avevano dovuto attendere il momento giusto per poter lasciare il campo Templare, che si presentò il giorno seguente mentre le guardie cambiavano di turno per mangiare.

Quando ebbero finito di raccontare, iniziarono a discutere su come si sarebbero dovuti muovere.

<<Se all’interno è celata un’arma del genere, non basterà far crollare la miniera. Dovremo rendere impossibile a chiunque l’accesso; quindi, o distruggiamo tutti i documenti che conducono ad essa, oppure la prendiamo noi e la facciamo sparire>> Disse Aveline.

<<Per fare questo bisognerà aspettare che aprano la grotta. Tuttavia non è detto che ci riescano: non sappiamo quanto tempo potrebbero impiegarci, e nemmeno se siano a conoscenza di dove si trovi l’entrata>> Intervenne Connor. Se ne stava in piedi con le mani appoggiate sul tavolo, fissando il centro della superficie con aria pensierosa. Poi proseguì, senza togliere lo sguardo dalla tavola: <<Dalla lettera si capisce che sanno dove sia situata la grotta, ma non da dove entrarci. La cosa migliore è far crollare la miniera ed eliminare il Gran Maestro. Scomparsa questa cellula Templare e distrutti tutti i documenti relativi ad essa ed all’arma segreta, non ci dovrebbero più essere problemi>>

<<Secondo me è da seguire l’idea di Connor. Da quello che ho potuto osservare, per quanto sia profondo lo scavo, non sono ancora arrivati alla grotta, figuriamoci a scoprirne l’entrata>> Disse Patience per confermare la proposta di Connor.

Definito che avrebbero agito prima della fine dello scavo, decisero che avrebbero atteso l’arrivo del Gran Maestro, in modo così da poter porre fine alla cellula Templare. In tal proposito si sarebbero alternati Connor e Patience per sorvegliare l’accesso al campo, così da sapere quando sarebbe arrivato, dato che nelle lettere non veniva definito.

Dal momento che si trovavano in una situazione di stallo, Anne chiese di uscire per un po’ per potersi riposare. Poco tempo dopo si trovò nuovamente nel sotterraneo. Quando uscì dall’Animus si riposò qualche ora prima di discutere con gli altri di quello che avevano scoperto.