I giorni si susseguirono senza sosta, e il tempo sembrò volare. Senza attacchi da pianificare o Templari alle costole, ebbero modo di godersi il meritato riposo e di conoscersi anche meglio. Parlandone con Connor, Aveline gli fece notare che Corinne si sarebbe potuta rivelare una risorsa utile alla Confraternita, per cui decise che l’avrebbe addestrata lei stessa, almeno per quello che riguardava la sua formazione teorica. All’allenamento fisico ci avrebbe pensato Connor, che già con Patience si era dimostrato un Maestro di tutto rispetto. Corinne accettò volentieri di essere iniziata per diventare un giorno un’Assassina. Dopo quello che aveva passato si sentiva quasi in dovere di aiutare le persone oppresse dalle ingiustizie. Stabilirono quindi che avrebbe iniziato il suo addestramento una volta arrivati a destinazione.

Finalmente arrivarono al villaggio adiacente alla tenuta di Davenport: Aveline era felicissima e si sentiva di nuovo come a casa. Mentre attraversavano il paesino, Connor salutava tutti quelli che incrociavano, i quali ricambiavano molto volentieri il saluto, felici che fosse tornato.

Dopo qualche minuto ancora giunsero davanti alla tenuta. Scesero quindi di carrozza e tutti presero qualcosa per non scaricare tutto in una volta sola.

Arrivati alla porta Connor entrò e le ragazze lo seguirono. Dalla sala da pranzo si affacciò Maria, con i suoi stessi abiti da lavoro con sopra un grosso grembiule bianco.

<<Siete tornati! Sono felicissima di vedere che state tutti bene!>> Esclamò con gli occhi lucidi. Si precipitò ad abbracciare Connor, che ricambiò in maniera impacciata. Poi salutò con un abbraccio anche Aveline e Patience. Quando vide Aveline, notò per la prima volta la sua pancia e capì che aspettava un bambino. Maria si congratulò animatamente e si commosse per le tante emozioni improvvise. Poi si accorse della presenza di Corinne: <<E tu chi sei cara?>>

<<Oh che scortese! Mi perdoni signora, il mio nome è Corinne e sono loro amica>>

<<Ciao, è un piacere averti qui. Coraggio ora lasciate tutto a me, ci penso io. Voi andate a riposarvi e ad accomodarvi come preferite>> Concluse sbrigativa, come se avesse realizzato solo in quel momento che erano carichi di roba da mettere a posto.

<<Grazie infinite Maria. E soprattutto grazie per esserti presa cura della tenuta in nostra assenza>> Le disse Connor, liberandosi dai vari sacchi che aveva scaricato dalla carrozza.

<<Ma ci mancherebbe. Sono qui apposta!>> Rispose lei cominciando a spostare le cose che stavano lasciando sul pavimento davanti all’entrata.

<<Venite. Vi faccio salire di sopra, così stabiliamo chi dormirà dove>> Disse Connor rivolgendosi alle ragazze.

Aveline era stupita dalla bravura di Maria: nonostante fossero stati fuori per diverse settimane, la tenuta era esattamente come l’avevano lasciata. Tutto pulito e in ordine, sia dentro che fuori.

Salirono al piano superiore e stabilirono che Patience e Corinne avrebbero preso la stanza di Connor, mentre Aveline si sarebbe sistemata per conto suo nella stanza degli ospiti, dove dormiva Patience inizialmente. Quando si furono accordati, si congedarono ognuno nelle proprie stanze, concedendosi un po’ di libertà e di pace.

Aveline si chiuse la porta dietro le spalle e andò immediatamente a stendersi. Le ultime due settimane erano state molto difficili per lei: il bambino cresceva a vista d’occhio e la notte scalciava di continuo, senza darle modo di dormire e riposarsi per bene. La mattina si svegliava più stanca di quando era andata a letto la sera prima.

Dopo essersi spogliata, si mise la camicia da notte che trovò piegata in fondo al letto. Dal momento che non era ancora ora di cena decise di approfittarne per fare un pisolino ristoratore. Si rannicchiò sul letto su un fianco e in pochi minuti crollò.

La vita era tornata alla normalità per Aveline, una normalità che aveva scoperto solo alla tenuta. I giorni che trascorsero le dettero modo di riposarsi e di rendersi conto di quanto la sua scelta di non tornare più a New Orleans fosse giusta. Iniziò l’addestramento teorico di Corinne, che apprendeva in fretta e molto volentieri.

Con Connor le cose si stavano sistemando un po’ alla volta: da qualche tempo capitava che si concedessero qualche ora solo per loro nell’arco della giornata. Stavano riscoprendo pian piano il loro rapporto e questa volta niente e nessuno sarebbe riuscito a separarli.

Quel pomeriggio avevano deciso di andare a fare due passi giù al molo. L’acqua era una tavola e l’Aquila sembrava incastonata in quel bellissimo panorama cristallino.

Connor propose di salire sulla nave per godersi meglio il momento di intimità solo per loro. Aveline acconsentì e si lasciò condurre da lui fino alla prua. Era quasi il tramonto, quindi poterono ammirare il sole che dipingeva di arancione e di rosa tutto quanto.

<<È davvero bellissimo>> Sospirò Aveline osservando l’orizzonte. Connor la prese per mano invitandola a prestargli attenzione. Lei lo osservava incuriosita: era più silenzioso del solito quel giorno e indossava il suo abito da Capitano senza apparente motivo.

<<Avevi già in programma di portarmi qui, non è vero?>> Gli domandò lei maliziosa. Aveline indossava un abito color ocra, rifinito da dei dettagli beige e da una piccola fascia sotto il seno che faceva risaltare la sua pancia, ormai ben visibile.

<<Forse…>> Le rispose lui con fare misterioso.

<<Tu non me la racconti giusta>> Disse lei sorridendo.

<<Sei bellissima>> Sussurrò Connor prendendole entrambe le mani. Poi continuò: <<Dalla prima volta che ti ho incontrata, mi sono innamorato di te. All’inizio non me ne rendevo conto perché ero troppo preso dalla mia missione per potermi dedicare a qualsiasi altra cosa. Poi mi hai rubato il cuore e mi hai fatto sentire di nuovo vivo. Me lo hai spezzato e mi hai fatto soffrire, ma nonostante tutto, quel calore che mi hai fatto provare per te non si è mai spento. Sei tornata da me, come un fulmine a ciel sereno, e un po’ alla volta ti sei ripresa il mio cuore. Tutta questa metafora è per dirti che ti sono grato di avermi reso così felice e di avermi fatto trovare la pace>>

Connor era visibilmente emozionato e Aveline lo era altrettanto. Quella dichiarazione la fece commuovere: sentire pronunciare quelle parole da lui sembrava quasi impossibile dopo tutto quello che era successo.

<<E io ringrazio te di avermi fatto trovare la mia strada, la vera me stessa. Grazie a te ho potuto prendere in mano la mia vita e decidere per me stessa come viverla>>

Lui le lasciò le mani, fece un passo indietro e proseguì: <<Oggi ti ho portata qui non solo per mostrarti il tramonto…>>. Il cuore di Aveline iniziò a battere forte per l’emozione. Connor frugò nella tasca della giacca ed estrasse una scatolina marrone. Quindi si mise in ginocchio e la aprì mostrandole il contenuto: un piccolo anellino d’argento sul quale era incastonata una pietra azzurra di forma ovale, posta in posizione perpendicolare rispetto all’anello stesso.

<<Vorrei donarti il mio cuore perché tu possa prendertene cura, e vorrei fare altrettanto col tuo. Per sempre>>

Aveline si portò una mano alla bocca e rimase senza parole. Con gli occhi lucidi rimase qualche istante ad osservare quella piccola pietra luccicante in mezzo alla scatolina scura. Connor la guardava con un mezzo sorriso in attesa di una risposta: rimase in ginocchio senza muoversi.

<<Connor è meraviglioso. Sono senza parole>> Mormorò, spostando lo sguardo dall’anello agli occhi di lui.

<<Aveline: vuoi sposarmi?>> Le domandò lui sorridendole dolcemente.

<<Si>> Rispose lei senza pensarci e in preda all’emozione.

Lui tolse l’anello dalla scatolina, le prese la mano sinistra e glielo infilò delicatamente all’anulare. Le baciò con galanteria la mano prima di alzarsi in piedi.

Aveline lo abbracciò forte buttandogli le braccia al collo. Rimasero abbracciati per diversi secondi, poi si abbandonarono ad un bacio lungo e passionale, di quelli che vorresti non finissero mai.

Quando si fu ripresa dall’emozione, gli disse: <<Non riesco a crederci. Non me lo aspettavo minimamente>>

<<Certo, altrimenti che sorpresa sarebbe stata?>> Le rispose Connor ironico. Restarono ancora qualche minuto l’uno tra le braccia dell’altra, assaporando quegli attimi indimenticabili e ricchi di emozione per entrambi, dopodiché si diressero verso la tenuta, mano nella mano.